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sabato 1 ottobre 2011

LA MIA STORIA

Nella giungla di libri sulla vita di Marilyn Monroe – biografie stereotipate e saggi che avanzano le più fantasiose ipotesi sulla sua misteriosa morte – sbuca fuori La mia storia, autobiografia della diva hollywoodiana più amata di tutti i tempi. Questa sorta di diario ha preso forma nel 1954 e per scriverlo l’attrice si è fatta aiutare da Ben Hecht, uno dei più grandi sceneggiatori di Hollywood. E quella che doveva essere solo un’operazione commerciale si trasforma in una lunga conversazione senza filtri.
Pubblicata negli Stati Uniti nel 1974, dodici anni dopo la tragica scomparsa della Monroe, La mia storia giunge in Italia solo nel 2010 quando la casa editrice Donzelli ne acquista i diritti. Il libro, dalla copertina molto glamour e femminile, è arricchito da quarantasette straordinarie foto scattate tra il 1953 e il 1957 dal grande fotografo Milton H. Greene, amico fraterno di Marilyn. La prefazione è firmata da Joshua Greene, il figlio del fotografo, che fornisce informazioni e curiosità legate agli scatti del padre presenti nel libro.

Marilyn inizia il racconto partendo dagli anni dolorosi della sua infanzia caratterizzati dall’assenza della figura paterna e dal difficile rapporto con la madre Gladys, affetta da disturbi psichici. Un’infanzia negata, vissuta tra l’orfanotrofio e l’affidamento a diverse famiglie che, nonostante la sua tenera età, la costringeranno a svolgere i lavori domestici e non saranno in grado di donarle neppure una briciola di quell’affetto e quel calore familiare che lei, in cuor suo, disperatamente cercava. L’adolescenza, non meno triste, accompagnata dalla nascita della consapevolezza della propria bellezza, sarà segnata da un tentativo di abuso sessuale da parte di un uomo molto più grande di lei e dall’apatico matrimonio, più di convenienza che d’amore, con il giovane vicino di casa Jim Dougherty. Il racconto prosegue con i primi, non facili, tentativi d’ingresso nel mondo del cinema che la condurranno a una lenta e progressiva ascesa al successo, e si conclude con il matrimonio con il campione di baseball Joe Di Maggio, l’uomo che più di tutti l’ha amata. Manca, dunque, la seconda e ultima parte della vita di Marilyn, costellata da episodi come le nozze con Arthur Miller – l’uomo che lei, forse, ha amato di più – la tormentata storia d’amore con il presidente degli Stati Uniti John Kennedy, le amicizie sbagliate, la devastante depressione che l’ha condotta al (presunto) suicidio.

La Marilyn che si rivela attraverso le pagine di questo libro (ben scritto e ben tradotto in italiano da Andrea Mecacci) è una donna riflessiva e acuta osservatrice della società, interessata più all’affetto – quello che le è sempre mancato, fin dalla nascita – che al sesso e all’amore, che subisce e sopporta in silenzio le invidie di donne cattive e insoddisfatte e gli sguardi lascivi di uomini mediocri. Una Marilyn tenace che, facendo leva esclusivamente sulle proprie forze, s’impegna nello studio della recitazione, del canto, della danza e non cede alle avances di agenti e produttori in cambio del successo. Una Marilyn che gioisce per i suoi piccoli grandi progressi lavorativi, piange per gli ingiusti fallimenti e lotta una vita intera per liberarsi dal cliché della bambola bionda e senza cervello in cui molti (ancora oggi) vogliono rinchiuderla. Una Marilyn che critica senza mezzi termini Hollywood, smascherandone i cinismi e le ipocrisie coperti sotto una patina dorata.
Qui però la narratrice non è Marilyn Monroe, il sogno proibito d’intere generazioni, la star che ha rivoluzionato la storia del cinema, ma Norma Jean Baker, la bambina abbandonata, maturata troppo in fretta, nascosta dietro la maschera della diva svampita, che non ha mai smesso di chiedere aiuto.

Quando si decide di pubblicare un’autobiografia può accadere che molte verità vengano alterate o omesse e al loro posto vengano aggiunte delle bugie. Ma di certo un’autobiografia è più attendibile di tante biografie falsate e romanzate, i cui autori non hanno mai avuto nulla a che fare con il personaggio in questione.

La mia storia avvicina il lettore al dramma psicologico della Monroe, gli permette di penetrare nella sua triste intimità, lo commuove e lo aiuta a conoscerla e ad apprezzarla meglio come donna e come attrice.
Il testo consegna al mondo una Marilyn dolce e tenera, sola e fragile. Dopo aver letto questo libro, non si può non volerle bene.
VOTO: 5/5

Marilyn Monroe, nome d’arte di Norma Jean Baker (nella foto a destra con il celebre fotografo Milton Greene), è nata a Los Angeles il 1° giugno del 1926 ed è stata una delle attrici più popolari di tutti i tempi. La mattina del 5 agosto del 1962 è stata trovata morta nella camera da letto della sua casa di Brentwood, a Los Angeles. Le fonti ufficiali hanno parlato di suicidio per overdose di barbiturici.

Ben Hecht (nella foto a destra), nato nel 1894 e morto nel 1964, è stato sceneggiatore, regista, produttore e romanziere. Definito lo Shakespeare di Hollywood, ha firmato la sceneggiatura di più di settanta film e ha pubblicato più di trenta libri. Per decenni è stato uno degli uomini più influenti del cinema americano.

Titolo: La mia storia
Titolo originale: My Story
Autore: Marilyn Monroe (in collaborazione con Ben Hecht)
Traduttore: Andrea Mecacci
Editore: Donzelli (collana Meledonzelli)
Anno: 2010

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